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06/05/2024
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M.N.de Coche

Musei

EL MUSEO NACIONAL
DE LAS CARROZAS
-LISBOA-

UNA COLLEZIONE UNICA AL MONDO CHE CI FA VIAGGIARE INDIETRO NEL TEMPO.
Il 23 maggio 1905 venne inaugurato a Lisbona il “Museo dos Coches Reaes”, per iniziativa della regina D. Amèlia d’Orleans e Braganca, principessa di Francia, figlia del conte di Parigi e sposata nel 1886 con il futuro re del Portogallo D. Carlos I. all’epoca, della collezione presentata al pubblico facevano parte 29 carrozze, che compaiono in un piccolo catalogo scritto in francese e redatto dalla stessa regina. Erano esposti tre carri Trionfali, dodici carrozze, sei Berline, cinque carrozzini, una livrea. Tutti appartenenti alla Casa Reale e, inoltre, gran parte delle relative bardature equestri, quali: finimenti da tiro, selle, divise da cocchiere, portantine e strumenti musicali per accompagnare i cortei.

A 110 anni dall’apertura del Museo, la collezione di carri della Casa Reale Portoghese è finalmente esposta secondo un programma museologico che consente una buona visione dei Carri e la loro presentazione cronologica per nuclei tematici. Il Museo è all’avanguardia in fatto di accessibilità ed è uno dei musei più visitati di Lisbona. Situato nel quartiere di Belém, il Museo rappresenta una tappa obbligatoria per chi è interessato alla storia del Portogallo e alla cultura europea del periodo preindustriale. Il Museo delle Carrozze di Lisbona ospita una vasta collezione di carrozze costruite tra il XVI e il XIX secolo, che venivano utilizzate dalla nobiltà portoghese e dai membri della famiglia reale. La collezione di questo noto museo di Lisbona include più di 70 carrozze, tra cui alcune che risalgono al periodo in cui il Portogallo era una delle potenze coloniali più importanti al mondo.

Non è facile descrivere così tanta bellezza, meglio lasciar fare all’arte di Umberto Fracchia, scrittore nobile che nel 1925 visitò la città di Lisbona descrivendone la bellezza e i suoi ultimi tesori nel suo “Diario di viaggio”.

Vogliamo andare fino a Belem, fino a Jeronimos, e anche oltre, fino a veder tramontare il sole nell’Atlantico, e la vecchia Torre del Bugio, che si posa come una libellula sullo specchio di acque miste, in questa calma giornata primaverile certamente terse e dorate, svanire a poco a poco nel crepuscolo della sera. Così abbiamo raggiunto il sobborgo di Junqueira, fatto di piccole case d’aspetto suburbano e interrotto da frequenti giardini. Bisogna che lo attraversiamo tutto, fino a Piazza Dom Fernando, per imbatterci in un edificio lungo e basso, di modesta architettura, che racchiude un altro museo, assai originale e bizzarro. E’ l’antica Cavallerizza Reale da un ventennio circa trasformata in Museu dos Coches; e vi si ammirano, fra l’altro, più di trenta antiche berline e carrozze di gala, le più straordinarie che si possano immaginare.

Se ne vedono di simili anche a Versailles, anche a Madrid; ma non in tal numero e di così singolare fattura. Il più antico di questi cocchi, che si direbbe uscito per incanto da un disegno di Velàzquez, è quello di cui si servì Filippo II di Spagna per il suo primo viaggio in Portogallo. “Deixado” (lasciato) em Lisboa pelo rei intruso em 1587”, dice un cartellino messo lì per intelligenza del visitatore. E quell’ ”intruso” potrebbe illuminarci sul gran bene che i Portoghesi vollero sempre agli Spagnoli e sulla popolarità che il così detto iberismo, di cui spesso si parla, gode in Portogallo.

Alte ruote, alti e duri sedili, alto baldacchino foderato di cuoio, dappertutto fregi e bullette di ferro battuto a guisa di decorazioni, la carrozza di Filippo II ha qualche cosa di rozzo e di primitivo che contrasta vivamente con le morbide e arricciate dorature, gli stucchi, i pannelli colorati, i broccati, i velluti delle berline venute in uso meno di un secolo dopo. Sembra proprio che da un momento all’altro debba scendere dall’alta predella quel re, dal viso pallido e crudele, che è ancor vivo al Prado nel meraviglioso ritratto dipinto dal Tiziano, e chiedere a noi tutti conto delle nostre involontarie eresie.

La serie delle berline dorate e infiorate incomincia con quella che il Re Sole offrì in dono a Maria Francesca di Savoia per le sue poco felici nozze con Alfonso VI; ma le gemme veramente rare, i pezzi unici al modo di questo museo, sono le monumentali carrozze dell’ambasceria portoghese a Papa Clemente XI. Se il rococò seppe fare di ogni berlina una bomboniera posata su quattro ruote, che cosa seppe fare con quattro ruote il barocco romano si vede in queste carrozze. Se ne ha un primo saggio nel suntuoso carro, come allora si diceva, che Clemente XI mandò a Lisbona con le “fasce benedette” per un figlio neonato di Re Joào v. le fasce viaggiarono sotto un baldacchino sorretto da dodici colonne e da quattro cariatidi, coronato di putti e ornato ai quattro angoli dalle figure allegoriche, a tutto rilievo, dell’Europa, dell’Asia, dell’Africa e dell’America.

Ma nelle tre carrozze dell’ambasceria portoghese le figure non si contano più a quattro per volta, e sono quasi tutte grandi al naturale. Quando i buoni romani le videro sfilare fra Piazza Colonna e il Quirinale, con gran seguito d’altre carrozze, di staffieri e di servi, trainate da sei pariglie di manto morello e stornello, dovettero pensare che si fossero messe le ruote alle fontane del Circo Agonale e tinte di porporina le statue di Lorenzo Bernini, che parevano contraffatte in quei grovigli di sileni, di ninfe, di stagioni, di venti, di fiumi, di oceani, di mostri terreni e marini, di Minerve, di Bellone, e di non so quante altre deità pagane e virtù teologali, che con il loro peso facevano stridere l’arena gialla sparsa di ruote.

Chi ne vuol sapere di più legga il “Distinto ragguaglio del Sontoso Treno di carrozze con cui andò all’Udienza di Sua Santità il dì 8 luglio 1716 l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore Don Rodrigo Annes de Sa.a Almeida Menezas, marchese di Fontes”, scritto e stampato in quell’occasione da Francesco Chracas. Meglio ancora, venga a vedere con i propri occhi queste portentose carrozze, e ne vedrà insieme molte altre del tempo in cui i re, i principi, i grandi della Corona, gli ambasciatori andavano veramente in cocchio e dovevano apparire alle folle estatiche come semidei chiusi in un’urna d’oro e portati da nuvole solari. Sono le stesse carrozze meravigliose che le Fate traevano da una grossa zucca per mandare alle feste di Corte le povere Cenerentole.

Fa perciò un effetto doppiamente strano leggere che si servivano di alcune di queste berline personaggi molto vicino a noi, appartenenti cioè all’età dello Sleeping-car e dell’automobile, e alcuni così vicini che potrebbero ancora discorrerne. Sedettero infatti sugli stessi damaschi che avevano sopportato due o tre secoli prima il peso di Dom Josè e delle Marie Benedite, Re Oscar di Svezia, Edoardo VII d’Inghilterra, Alfonso XII e Alfonso XIII di Spagna, l’Imperatore Guglielmo, e persino il Presidente Loubet (Francia) in cilindro e pappafico. Uno di questi cocchi venne verniciato di nero nel 1908, e servì ai funerali del povero Re Don Carlos. Fu l’ultimo Re del Portogallo che fece un lungo viaggio in una carrozza di gala.

Non andava però in carrozza “o re Venturoso”, il grande Dom Manuel, quello che vide partire, il 29 agosto del 1499, ritornare, col segreto della via marittima per le Indie, le caravelle del Gama; e decretò che in quel punto della sponda del Tago, dove, nella chiesetta d’una vecchia abbazia, il capitano e le ciurme della mirabolante spedizione avevano sentito messa prima di salpare le ancore, sorgessero una grande chiesa e un grande convento, che dovevano essere di tutto il regno i più splendidi. Dom Manuel è morto da quattro secoli, le favolose conquiste di Vasco de Gama e degli altri intrepidi navigatori, con tutte le loro ricchezze, sono andate perdute per il Portogallo, ma la chiesa e il convento dei Jeronimos si specchiano ancora con le loro guglie nelle acque del Tago, a ricordare perennemente la grandezza conquistata nei tempi da un così piccolo popolo…

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