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Non solo slitte decorate e dorate ornate di pellicce per il diletto di dame e gentiluomini;
anche slitte comuni che hanno fatto la storia di altri tempi,
storie vere che non vanno dimenticate...........
Sulle nevi un lontano inverno....
di Mario Rigoni Stern
per gentile concessione di: IVO BALDISSERI
Immagini di inverni lontani quando le slitte erano slitte di legno e non motoslitte di metallo, e a farle scivolare silenziose sulla neve con i loro pattini era la forza dei cavalli e non quella dei motori.
(A un cavallo puoi parlare, non puoi parlare ad una macchina, mi diceva un vecchio contadino.)
Venivano dal contado verso il paese dai quattro punti cardinali,al sabato, giorno di mercato chi aveva affari o compere da trattare, o alla domenica per la messa delle dieci. Sentivi da lontano prima i campanelli di bronzo appesi ai collari, poi il passo dei cavalli sulla neve dura della strada, quindi lo scivolio dei pattini.
Arrivavano accaldati e sudati i cavalli, infreddoliti i passaggeri. Attorno a un muretto(ci sono ancora gli anelli) venivano fissate le cavezze. Sulla schiena dei cavalli veniva distesa la coperta che prima aveva riparato dal freddo le gambe delle donne e dei ragazzi.
Gli uomini andavano "Alla Torre" a bere un bicchiere di vino brulè,le donne "dal Carli" per una cioccolata. Davanti al muso del cavallo veniva steso un sacco di fieno profumato che prima era stato sedille al guidatore, subito dopo, attorno ai rimasugli di quel fieno volavano i passeri affamati per beccolare qualche seme rimasto sulla neve.
Questo molti anni fà, quando ero bambino, e qualche volta un amico di famiglia mi invitava a salire sulla slitta per fare una corsa veloce per le strade del paese.
Dopo, attorno agli anni trenta, vennero gli sciatori.
I nostri contadini, per i quali l'inverno non finiva mai,( i cavalli loro stavano rinchiusi nelle stalle ad accumulare morbino),pensarono di far costruire dai carradori delle slitte per uso civile per trasportare sui campi di neve i signori che venivano a Natale a fare le vacanze. Ma come erano belle quelle slitte a quattro o a sei posti!
Dipinte o in legno naturale, con le decorazioni a fiori o a fronde, o anche scolpite; con i sedili a molle e imbottiti, fornite di morbide coperte per le ginocchia delle signore; e con i cavalli che le tiravano con i fiocchi sulla criniera e sulla coda; e con i campanelli argentini appesi ai finimenti.
"Signori vi serve la slitta?" chiedevano i nostri contadini vestiti a festa, con il cappello in testa, camicia bianca e cravatta che pazientamente aspettavano in fila ordinata davanti alle porte degli alberghi, o alla stazione dove arrivava il trenino a cremaliera. Andavano via veloci per le strade dove la neve rimaneva bianca per tutto l'inverno.
Tintinnavano i campanelli di bronzo.
Sotto la coperta le mani si cercavano e si stringevano e i passeggeri avrebbero voluto una corsa sulla slitta quanto era lunga la loro vacanza natalizia.
Noi ragazzi si rincorreva la slitta con gli sci ai piedi cercando di aggrapparsi con una mano ai bordi per farsi trascinare fino al "Bellocchio". Poi venne la guerra.......
Ad altre slitte cariche di sofferenza ci accade di aggrapparci nelle steppe russe. Anche se, un giorno d'inverno, verso un villaggio polacco andammo su una troika.....
Ma questa è una storia che in un altra parte ho raccontato.
Ma certamente la più bella corsa in slitta l'à scritta Lev Tolstoj in "Guerra e pace"; era l'inverno del 1809, quando la famiglia del conte Restov(travestiti e mascherati secondo una vecchia usanza russa), ragazzi e ragazze tutti innamorati con i tiri a tre nella neve e nelle stelle....