Scuderie di Spagna - tradizioneattacchi.eu

27/10/2024
Vai ai contenuti

Menu principale:

Scuderie di Spagna

Scuderie

Le Scuderie del Re di Spagna   
 Madrid, 2 dicembre 1877

Note di viaggio in Spagna
Conte Francesco Bettoni

La rassegna militare che ho descritta nella lettera precedente, era al termine, onde il fermavisi di più sarebbe stato tempo sprecato, ciò che per noi, che ne avevamo sì poco da buttar via, equivaleva ad un danno notevole. Era, d'altra parte, ancor presto, le due dopo mezzodì circa, e perciò decidemmo di mettere a profitto le ore che ci avanzavano prima del pranzo, e a passo accelerato ci togliemmo dal Prado indirizzandoci verso il Palazzo Reale per esaminarlo con comodo e per rivedere il Re e le carrozze delle Infante, che da lungi ci erano sembrate sorprendenti.
Il Palazzo Reale, eretto da Filippo V sul luogo ove stava quello incendiato nell'anno I734, è, come mi sembra d'aver già detto, ad una delle estremità di Madrid, sull'orlo della piattaforma sulla quale si distende la città, in modo che domina tutta la pianura d'intorno, il corso del Mansanare, ed è di una mole veramente straordinaria.
La sua forma è quadrata, racchiude una vasta corte attorniata da portici al pian terreno e da finestroni semicircolari agli altri piani, che rammentano, in proporzioni assai più grandi, s'intende, la corte del palazzo Salvadego in Brescia, e l'architettura dei quattro prospetti esterni è dello stile della renaissance, bella, ma più elegante di grandiosa. Mi pare quindi inesatta l'asserzione del De-Amicis che, per vantarne la grandezza e la magnificenza, dice che il Quirinale e il Pitti in confronto di questo palazzo son nulla, e potrebbero nascondervisi dentro senza timore d'essere visti, come si trattasse di due villini. Via, questa è un po' grossa!


Non cercammo di visitarne gli appartamenti perchè erano occupati dalla Corte, e perchè tutti, ad una voce, ci assicuravano che c'è poco da ammirare, tanto dal lato artistico quanto da quello della sontuosità, e ci ponemmo invece a camminare su e giù per la piazza ornata da statue, da un giardinetto e da un monumento equestre; aspettando che il Re ritornasse; ma avevamo fatti male i nostri calcoli, poichè ci venne assicurato che bisognava attenderlo almeno due buone ore.
Il tempo ci pareva lungo, la passeggiata era tutt'altro che dilettevole per noi che stavamo in piedi venticinque ore al giorno, onde pensammo di far qualche altra cosa, di visitare cioè il vasto edificio che si protende in linea parallela alla Reggia, e che rinchiude le scuderie e le rimesse. Il nostro desiderio fu facilmente soddisfatto da uno staffiere che ci si offerse di guida, e che ci fu in vero utilissimo.
A chi non piacciono le carrozze, a chi non ha passione per i cavalli, do un consiglio da amico: salti a piè pari il resto di questa lettera, che è dedicata agli amatori, e che non lo divertirebbe sicuramente.
La nostra guida ci condusse dapprima nella rimessa delle carrozze di gala, che ne contiene una dozzina, da quella che servì a Filippo IV a quella usata nell'incoronazione di Isabella II; tutte ricche di dorature, ornamenti, velluti, bronzi, dipinti, di forma leggermente conica capovolta, allungata, alte quasi come una stanza.
Son belle, ma non mi stupirono, perchè a Versailles ne vidi di più splendide, l'una delle quali, quella che servì per la festa dell'incoronazione di Carlo X, e, ai tempi del secondo impero, per il battesimo del principe imperiale, è costata un milione e ventimila franchi!
Dalla rimessa delle carrozze antiche e destinate alle solennità, entrammo in quella dove sono disposte con molto ordine e molto comodamente altre cento venti moderne, tutte per il servizio di Corte. Oh che bellezza!



Dai Landaux da corso alla Dumont, dai “Dorsets di grande cerimonia, ai Broughams cogli stemmi o affatto lisci per le trottate misteriose, dai Vis-a-vis ai Phaéthons, ai Braeks, alle carrozze da viaggio di tutte le forme le più strane e capricciose, alle quali si attaccavano fin dodici muli per trasportare la famiglia reale nei viaggi, qui si trovano. Esemplari, e quali esemplari!
Questi veicoli sono tutti o quasi tutti contrassegnati col nome del primo fabbricatore di Francia, e si può dire d'Europa, col nome  d' Herler, e tanto basta!
Anche nel fabbricar carrozze, come in ogni altra cosa di questo mondo, per diventar celebri ci vuol quel tanto di genio che Dio concede a pochi per avanzare gli altri e diventar grandi e che, a quel che pare, non pensò di concederlo agli spagnuoli, argomentandolo dal fatto di vederli posposti ad artisti stranieri; l'ha invece concesso all'Italia che possiede quell'illustre fabbricatore che si chiama Cesare Sala.
Dalla ampia e ricca mostra delle carrozze ci affrettammo ad avviarci verso le scuderie che stuzzicavano ancor più la nostra curiosità.
Esse sono distribuite in vari scomparti menti nel cui centro si allunga la scuderia più vasta intorno alla quale rispondono altre più piccole. Ma non è nè la grandezza, nè la ricchezza, nè il lusso onde sono ornate, ciò che sorprende vedendole, sono i magnifici animali ch'esse rinchiudono.


Là sonvi collocati duecento sessanta cavalli delle migliori razze del mondo, di ogni mantello, di ogni grandezza, dai piccini quanto un cane di Terranova agli enormi timonieri per le carrozze di gala, dai cavalli andalusi ai puro-sangue inglesi, belli, lucidi e morbidi come il velluto, ciascuno nel proprio riparto sì pulito da passeggiarvi una dama, se lo volesse, senza timore di insudiciarsi, perchè tra l'altre cose, aderenti alle poste, sono distesi i tappeti sui quali si cammina! Percorremmo dapprima i riparti dei cavalli di mezzo sangue, indi quelli di purosangue inglese, russo, arabo, da carrozza e da sella; li osservammo attentamente uno ad uno, e ad ogni tratto esclamavamo: Dio che belle bestie! se potessimo anche solamente per poco tempo diventare Re di Spagna, che bei cavalli metteremmo in serbo, dato che ci detronizzassero.
Ogni riparto contiene cavalli a seconda del servizio a cui sono destinati; ve ne sono quindi per quelli destinati per le carrozze del Re, per quelle delle Infante, per la Corte, e poi per il servizio da sella di Sua Maestà, e per le Principesse, e difficilmente anche una fantasia feconda potrebbe immaginare la bellezza di questi animali.
Fra tutti cercammo lo scompartimento dei cavalli andalusi, che ne conteneva circa sessanta, e dei quali avevamo sentito parlare come di cavalli rari e pregiatissimi.

Eccone il mio giudizio.
Prima di tutto dirò schiettamente che a me il cavallo andaluso non sembra nè elegante, nè bello, e che sbaglia di molto chi se lo immagina rassomigliante all'arabo, pensando forse che possa essere stato introdotto in Ispagna dai Mori. Esso invece è di una origine ben più antica e diversa, cioè proviene dalle copiosissime razze che, fin da due mila anni prima dell'Era nostra, esistevano negli stati africani del Nord, e che resero così temute le cavallerie numida, cartaginese, e spagnuola nelle guerre contro i Romani, e rassomiglia tutt'ora, sebbene ingentilito, al cavallo dell'impero del Marocco. Ha la testa voluminosa ed allungata, incollatura grossa, ventre pingue, groppa mulattiera e
coda bassa; l'insieme quindi non è certamente nè elegante nè svelto.
Alcuni scrittori vorrebbero che il cavallo andaluso fosse autoctono ossia aborigeno di Spagna, e Pietremont dice a sostegno di questa opinione che questi cavalli, in paragone agli orientali, sono diversamente conformati, perchè si riscontra in essi un numero maggiore di vertebre lombari, ma io propendo a credere vera invece la teoria di quelli che indicano come culla originaria del cavallo il paese fra il Caspio e i monti Altai, cioè l'Oriente rispetto a noi, desumendolo dal fatto che in Grecia pervenne dall'Asia Minore, e che i regni delle coste settentrionali d'Africa lo trassero dall'Egitto.
Ma se sono quali li avete descritti – mi chiederà alcuno – come mai furono sempre considerati fra i migliori d'Europa? Come mai fin dai tempi antichi furono in tanta reputazione da invogliare Cesare a farne grandi incette per la cavalleria romana? Come mai Giustino e Strabone ne parlano con tanto rispetto? Come mai anche oggidì si citano come assai rari?

A questa valanga di domande che mi son fatte da me stesso parecchie volte, trovai adeguata risposta pensando che se non ponno essere in grande reputazione per le lor forme, lo ponno, anzi lo debbono essere per le loro qualità morali. Sono cavalli robusti, non molto alti, tarchiati, agili, e coraggiosi; sono cavalli da guerra saldissimi e questo è il loro merito principale e il loro massimo pregio, e come tali, furono sempre stimati in ogni tempo.
Chi volesse convincersene legga la storia di Spagna, la descrizione delle battaglie combattute da quel popolo ai tempi della cavalleria, la descrizione dei tornei, e poi gli episodi delle guerre da Pietro il crudele fino a quelle contro la Francia, e troverà la storia di questo nobile animale. È rimasta, fra le altre, memorabile l'ultima guerra d'indipendenza contro i Mori, e le cronache raccontano meraviglie dell'esercito di Ferdinando il Cattolico sotto le mura di Granata. Giammai la Spagna avea veduto come in quel tempo cavalleria più numerosa e formidabile, e i cavalli andalusi, sui quali montava il fiore della nobiltà castigliana, fecero meravigliare per il brio, per le furiose cariche contro l'inimico, e per la fermezza nel sopportare gli stenti e le privazioni della campagna; e quello che allora avvenne, avvenne nelle guerre di poi.


Due buone ore intanto erano già passate, e ce ne avvertirono le trombe della fanfara reale che annunciavano il ritorno del Re a Palazzo.
Ci affrettammo quindi ad uscire e recatici nel gran cortile, potemmo vedere l'entrata di S. M. e del suo magnifico seguito e i due stupendi landaux, l'uno tirato da sei morelli inglesi, l'altro da quattro bay, alla Dumont, due gioielli d'eleganza e di buon gusto, in cui stavano le Infante colle loro dame.
Ma come sta, pensai, che in mezzo a tanto disordine di finanze dello Stato la Corte sciali in tal modo? Non mi fu difficile trovare la risposta. I Borboni non hanno fatto come i Reali di Savoja; questi si accontentarono della gloria e dell'amore dei propri sudditi, quelli invece amarono i dobloni.  
Ciascuno ha i propri gusti: io preferisco quelli dei nostri Re.


Torna ai contenuti | Torna al menu