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BARROZZa
Dizionario Tecnologico di
Arti e Mestieri 1833
Barrozze: quelle carrette che si fanno tirare dai bovi, le quali hanno invece delle due stanghe un solo timone, al lato del quale i bovi vengono aggiogati in quella guisa che tutti ben sanno. Quando le carrette, o le barrozze , sono destinate al trasporto di legname minuto, di materie riposte in sacchi, o di altri simili oggetti mediocremente voluminosi, hanno il porta carico aperto da capo e da piede, e guernito di sponde soltanto nei due fianchi; né tali sponde sono massicce, come nelle carrette, e nelle barrozze a cassa, ma bensì fatte a guisa di cancello o di scala: onde avviene che chiamasi comunemente in Roma carrette e barrozze a scala.
GIOGO – Jugum
Arnese di legno, della forma d’una croce, con cui si aggiogano i buoi a due a due per la testa e per le corna, a fine di farli tirare l’aratro, una vettura, o la spranga in giro d’una macchina. Questo strumento non è uguale in tutti i paesi. Il giogo svizzero sembra preferibile ad ogni altro; le cime della traversa, che poggiano e attaccansi con strisce di cuoio sulla testa degli animali, sono larghe e incavate in modo che vi si adattano esattamente, né possono mai ferir l’animale. In mezzo a questa traversa passa, in un incastro, un altro pezzo di legno lungo circa 3 piedi diviso inugualmente, col capo più piccolo all’innanzi e rialzato, e l’altro di dietro, è dritto nella direzione del timone della vettura cui si attacca mediante una cavicchia ad un anello di ferro.
Vi ha un piccolo giogo, mediante il quale si fa tirare un solo bue, una macchina od altro. Questo giogo, prolungato da ambo i lati della testa, ha alle sue estremità degli anelli ai quali si attaccano le catene o le tirelle che partono dalle forchette della leva della macchina.
In vari paesi si fanno tirare i buoi con collari. Non sembra che essi abbiano maggior forza attaccati in questa maniera che col giogo; il loro petto, meno aperto di quello de cavalli, lascia entrar troppo il collare, che stringe loro il collo e impedisce il respiro.
Gli antichi facevano passare i loro prigionieri sotto il giogo. Chiamavasi con tal nome una specie di porta che facevano con tre lance, piantate verticalmente in terra, e la terza legata alle altre due trasversalmente, ad un’altezza minore della statura degli uomini, cosicchè i prigionieri passar dovendo di sotto, erano obbligati a curvarsi. Questo era il segno della schiavitù.
Bue
Il bue è il toro che è stato castrato per raddolcirne il carattere, renderlo più atto ai lavori della campagna e più disposto ad impinguarsi. I vitelli si castrano dall’età di due mesi fino a quella di due anni. La statura dei buoi dipende dalla loro razza, dai pascoli ove passarono i loro primi anni e dal clima. Da queste varie influenze risultano considerabili variazioni, che si perpetuano fino a che durano le circostanze che le cagionarono. Il colore è indifferente alla loro qualità.
I buoi che si reputano i migliori sono quelli che hanno la testa corta e grossa; la fronte larga, le orecchie grandi, molto villose ed unite; le corna forti, lucenti e di mezzana grandezza; gli occhi grossi e neri; il grugno grosso e schiacciato; le narici molto aperte; i denti bianchi ed uguali; le labbra nere; il collo carnuto; la spalle grosse; il petto largo; la pagliolaio pendente sulle ginocchia; le reni larghe; i fianchi grandi; le anche lunghe; la groppa grossa; le gambe e le coscie grosse, corte, nervose; la schiena diritta e piena; la coda pendente fino a terra e guernita d’un ciuffo di peli lucidi e fini; i piedi saldi, il cuoio grosso e manevole; le unghie corte e larghe; il carattere dolce e obbediente; l’appetito moderato. Il pelo irto, ruvido e fosco indica un bue di cattiva costituzione.
Cominciasi ad avvezzare i giovani buoi all’età di tre o quattro anni appaiandoli sotto al giogo con un bue della stessa loro statura, ma già formato, crescendo a grado a grado il peso che si deve far loro tirare. Talvolta questa educazione riesce difficile ed esige molta pazienza e dolcezza, né si compie che in capo ad un anno. Quando si mettono i buoi al lavoro bisogna anche aver riguardo a certe insuperabili antipatie che talvolta manifestano l’uno per l’altro. L’età del lavoro suol essere comunemente da 4 a 10 anni od anche 15 anni, dopo il qual momento si mandano al macello.
In diverse maniere si attaccano i buoi alla carretta od all’aratro. Nella maggior parte dei paesi attacansi per le corna, vale a dire ponesi sulla testa di due buoi appaiati paralleli, un pezzo di legno intagliato che dicesi Giogo, il quale si salda con forti coregge ravvolte intorno alle corna. La forma di questo giogo varia secondo i paesi. In alcuni luoghi si fanno tirare i buoi col petto come i cavalli mediante una cigna di cuoio, un collare od anche una semplice ritorta passata intorno al collo. Il tirare col petto, benchè sia meno in uso, pure incomoda meno l’animale di quello con le corna. I buoi non si ferrano che in quei paesi dove il suolo è molto sassoso e sulle montagne.
Giogo da carrozza (carrik)
Chiamano i carrozzieri un pezzo di certi legni all’inglese, il quale è posto attraverso al timone, ed è composto di quattro pezzi congegnati a canale, sicchè i cavalli, alle cui estremità sono attaccati, lo allungano e lo accorciano, secondo che s’accostano o si scostano dal timone.