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Scuola di Cavalleria dei cavalli da carrozza : Antonio Locatelli 1825
Nei secoli passati, la magnificenza degli equipaggi non si usava che pei trionfi, senza prendersi pensiero di ricercarvi la comodità. Ma il gusto introdottosi di poi tra le nazioni, e che di età in età fece incredibili progressi, ha contribuito all’invenzione di molte sorte di cocchi, di cui ora il più semplice supera infinitamente, per la sua costruzione, que’ famosi carri.
La perfezione a cui sono giunte a oggi le carrozze per opera dei Francesi, in forza delle molle che ne rendono impercettibile il movimento, e della loro leggerezza, che considerevolmente diminuisce la fatica dei cavalli sotto di esse; questa perfezione, io dico, ne ha fatto una vettura tanto piacevole e comoda, da renderla oggidì il primo tributo che pagasi alla fortuna.
Quando si è creduto di non poter più aggiungere niente alla loro struttura, si è fatto studio per le loro decorazioni, vi si è riuscito per modo, che nulla meglio annunzierebbe la dignità personale quanto la magnificenza degli equipaggi, se i cavalli che vi si attaccano, fossero meglio scelti e meglio addestrati.
Questa negligenza era altre volte perdonabile, perché la difficoltà da essi incontrata nel movere quelle pesanti macchine, li privava della grazia che fa la bellezza del loro movimento; ma al presente non evvi più ostacolo nel dare questa nobiltà agli equipaggi galanti e suntuosi che noi vediamo. L’Alemagna ci ha superati in questa esattezza, ed il suo esempio non è seguito in Francia che da un piccol numero di scelti signori. Sarebbe nondimeno a bramarsi che tale esempio divenisse generale, non tanto per non avere più nulla ad aggiungere alla magnificenza, ma più particolarmente per prevenire gli accidenti, cui si è esposti attaccando alle carrozze dei cavalli non resi pieghevoli, e di bocca non formata. Si crede di aver fatto abbastanza per la propria salvezza quando prima di confidarsi a nuovi cavalli, attaccansi questi, due o tre volte ad un carro.
Ma sono non per tanto troppi gli esempi, i quali provano che questo metodo precipitato non basta per garantire dai pericoli e per correggere i cavalli da carrozza del tirare da cattiva grazia, del trottare per traverso e sulle spalle, dell’abbassare la testa, dell’alzare le anche, dello stendere il naso e di forzare la mano, difetti tutti considerabilissimi quanto più sono magnifici gli equipaggi. Noi indicheremo adunque le qualità che debbono avere i cavalli da carrozza, e i mezzi per fornirneli.
Un cavallo da carrozza in generale aver deve la testa ben situata e l’incollatura rilevata (ciò che dicesi portar bello), e trotterà diritto ed uguale nelle tirelle.
La sua regolare statura è dai cinque piedi sino ai cinque e tre o quattro pollici. Esso debb’essere ben formato e rilevato nel davanti, che se avesse il rene un poco basso (difetto per un cavallo da sella) di prospetto alla carrozza non parrebbe che più rilevato. Sarà inoltre traversato ed abbastanza complesso di corpo onde non essere stenuato dalla fatica. Non è però mestieri ch’ei sia troppo spalluto, ne troppo largo di petto: qualità buona per i cavalli da carretta, potendo così agir meglio col collare, ma è grande difetto in quelli da carrozza, che debbono aver la spalla piana e mobile per trottare speditamente e con grazia. Non deve esser nè troppo lungo, nè troppo corto. Questi hanno per lo più la cattiva consuetudine di toccare i ferri dei piedi dietro, e la maggior parte dei primi cammina con trascuratezza e fiaccamente, non avendo abbastanza reni per sostenersi.
Avrà similmente la gamba bella, piana e larga, e l’osso dello stinco alquanto grosso; ma soprattutto eccellenti i piedi: il minimo accidente in questi è un gran difetto, che lo fa ben presto zoppicare, non potendo adattarsi alla durezza del pavimento. Bisogna pure badar bene ai garretti, essendo i cavalli da carrozza più soggetti ad averli difettosi, che non quelli di snella corporatura, perché la maggior parte dei primi, essendo allevati in grassi pascoli, abbondano di molti umori, i quali portansi sopra i garretti e le gambe. La giuntura troppo flessibile è pure un gran difetto che impedisce il rinculare ed il fermarsi nelle discese.
Un cavallo da carrozza scelto bene e con le qualità descritte, merita certamente che gli si procurino le due prime perfezioni proprie della sua specie educata, l’agilità e l’obbedienza.
Con esse trotterà di miglior grazia, duredà più lungamente, e meglio corrisponderà alla magnificenza ed al buon gusto del suo padrone.
E’ mestiere dunque prima di tutto farlo trottare all’allunga per cominciare ad ammansarlo, poscia montarlo, mettergli la spalla indentro per rotondarlo, dagli una bella postura e formagli la bocca; si deve pure insegnarli a passare le gambe colla groppa al muro, acciò prenda le sue voltate con maggior facilità; perché ogni volta che si fa voltare un cavallo da carrozza, esso di fianco descrive colle spalle e colle anche una linea circolare; che forma una specie di mezza voltata; e perciò bisogna ch’ei sappia passare speditamente una sopra l’altra tanto le gambe davanti come quelle di dietro, senza di che si confonderebbe, trascinerebbe di mala grazia le anche, e volterebbe goffamente.
Un'altra lezione essenziale dopo questa è l’insegnarli a fare perfettamente la ciambella tre i pilieri, tosto che sia addestrato al trotto; nulla procurando a cosiffatti cavalli portamento più bello, più fastoso, più spedito e più rilevato quanto l’azione della ciambella. I pilieri hanno anche il vantaggio, oltre la grazia e la scioltezza che procurano, d’incutergli il timore della frusta, e lo rendono obbediente al minimo movimento di essa.
Un’altra cosa, di rado osservata e necessaria ad ogni cavallo da carrozza, è d’esser piegato dalla parte ove va. Quello che è sotto la mano deve piegare a destra, e quello che è fuori della mano a sinistra.
Tale atteggiamento gli accresce grazia, se trotta bene, gli fa vedere il cammino, gli tiene la groppa sulla linea delle spalle, e lo fa trottare franco ed uguale di omeri e di anche. Quelli che non trottano in così fatta positura hanno il difetto o di piegare la testa verso l’estremità del timone, e di gettare la groppa al di fuori e sopra le tirelle; od al contrario, di stendere il naso e tirare alla mano, vizio molto pericoloso potendo così forzare quella del cocchiere, o come dicesi volgarmente “prendere il morso ai denti”, con grave rischio per chi è nella carrozza o ad essa vicino, di perdere la vita o di essere storpiato. Dei due cavalli si vede anche soventi che l’uno abbassa il naso e l’altro alza la testa; atteggiamento disaggradevole ed affatto discordante, di cui è sola causa la mancanza d’istruzione.
Se qualcuno trova strano ch’io dia gli stessi principi tanto per i cavalli da tiro che per quelli da maneggio, esamini le mute degli amatori di belli equipaggi addestrate al maneggio prima di attaccarli alla carrozza, ed egli sarà tosto persuaso della differenza che produce l’istruzione. Io non domando che il cavallo da carrozza si affranchi nell’obbedienza alla mano e alle gambe come quello da maneggio; voglio semplicemente che si ravvivi, che gli si formi la bocca e soprattutto che s’istruisca a far la ciambella, a temere la frusta, e ad obbedire al minimo segno. Non consiglierei del resto ad impiegare queste regole se non se per quelli la cui figura e il cui prezzo meritano maggiori cure; ed abbandonerei i mal costrutti, o di mostruosa corporatura al capriccio della loro natura ed alla pratica dei cocchieri.