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Esposizione Italiana di Torino 1884
nasce il Concorso Ippico
Fra le tante cose riuscite bene all’Esposizione di Torino, il Concorso ippico merita speciale attenzione. Il concorso ippico era una novità per l’Italia: si dovevano vincere ritrosie e timidità non giustificate, e per far capire prima di tutto il vero scopo di tale Mostra. Si trattava di vedere in azione oltre alla produzione equina del nostro paese, anche quanto l’Italia possiede in fatto di bei cavalli da sella e da tiro, cavalli di lusso e da lavoro, e vedere il modo nel quale militari e civili, signori e commercianti, si sanno servire del nobile quadrupede, per gli usi di guerra e di pace, per il lusso e per la fatica. Se al concorso ippico di Torino non hanno potuto comparire, per ragioni di distanza, tutte le regioni d’Italia, il risultato ottenuto è stato eccellente.
E ne va data lode al marchese Compas de Brichanteau e alla commissione zootecnica che hanno disposto e ordinato i programmi, e quanto era necessario perché tutto procedesse regolarmente: ai concorrenti che sono intervenuti numerosi da Milano e da altre città ad aggiungersi a quelli di Torino. Al Ministero della Guerra che ha autorizzato la scuola normale di cavalleria di Pinerolo a presentarsi al concorso, ed ha facilitato l’intervento di molti ufficiali dell’esercito. E alla scuola di Pinerolo non è accaduto come a quella di Saumur che, presentatasi al concorso di Naney, dopo poche prove dovette decidere di ritirarsi.
Il concorso ippico è stato fatto nel recinto della mostra zootecnica, nel quale vi sarà la fiera dei cavalli il 1° settembre. Questo recinto è sul corso Dante, di fronte all’esposizione agraria ed a sinistra di chi va dalla città al ponte Isabella. Occupa un’aria di 6.500 mq., compresi vari edifici, come tettoie, scuderie, palchi di legno, un chiosco ad uso caffè e birreria, ed un campo di prova a due piste concentriche. L’esterna ha sui lati, lunghi 130 metri, quattro ostacoli alti circa metri 0,85 formati da un tronco di trave, da una barra fissa, da un muro e da una graticciata inclinata a 45°. A metà della pista interna, divisa dall’altra per mezzo di aiuole e siepi di bosso, v’è la riviera ed altre barriere e siepi. Le verdi colline al di là del Po servono di fondo al bellissimo quadro, animatosi per tutta la settimana del concorso e particolarmente al giorno dell’inaugurazione, che fu la domenica 4 maggio.
Vi assistevano la Regina Margherita, il duca d’Aosta con i tre figli, il duca di Genova, il principe di Carignano, e la principessa Letizia Bonaparte. Il programma della prima giornata prevedeva esercizi a volontà alle varie andature, per cavalli da sella nati e allevati in Italia di 4 anni e più. Si presentarono l’ingegnere Nasi montando Polo del marchese di San Germano, cavallo baio scuro di bassa statura; Mendicant del cav. Navarra di Ferrara; York II del conte paolo Gazzelli di Ceresole; poi Slave e Milord del Navarra montati dal Nasi e dal signor Guastalla; Tom del signor Marsaglia e Jack del signor Gregori montati dai proprietari.
I cavalieri erano vestiti in abito rosso con pantaloni in camoscio e stivali con risvolte. I signori Calcagno, Bonaccorsi, Alfonso Bertone di Sambuy, Premoli, marchese Scozia di Calliano, Moinoni d’Intignano e Fazio, tutti ufficiali di cavalleria dell’esercito, dettero quindi prova della loro abilità nel cavalcare saltando gli ostacoli. Questo esercizio fu interrotto da un incidente spiacevole. Il cavallo del tenente Premoli, Paros, inciampando al quarto ostacolo, cadde col peso del corpo sulla testa e rimase morto sul colpo per rottura della quarta vertebra. Il cavaliere fu sbalzato a terra e tutti lo credettero gravemente offeso, ma fortunatamente il conte Premoli aveva riportato soltanto alcune lievi scalfitture, e si rialzò da se stesso.
Venne quindi il concorso degli equipaggi. Il primo a comparire fu il conte Bernardo Arnaboldi Gazzaniga, guidando quattro bei sauri balzanati bene attaccati ad un mail coach di buone ed eleganti forme, di fabbricazione milanese. Il conte Arnaboldi guida con disinvoltura e posizione corretta ed ottiene di tenere ubbidienti alla mano i due timonieri, mentre i cavalli di volata eseguiscono eleganti raddoppi. Il suo equipaggio è la massima rappresentanza del meglio che potremmo trovare nel nostro paese, sempre dopo gli equipaggi Reali. Il signor Pasta guidò prima i quattro cavalli attaccati al mail coach del cavalier Claretta; poi quattro bai scuri di sua proprietà attaccati ad un altro mail coach.
E finalmente guidando come un perfetto coachman, con severa compostezza inglese, appariva il conte di Sambuy, facendo trottare serrato e girare e rigirare i suoi quattro cavalli intorno alle aiuole. Uno dimostrazione molto avvincente che raccolse i plausi del numeroso pubblico presente. Nel successivo concorso di caleches e landau a quattro cavalli si presentarono gli equipaggi del marchese di Sant’Andrè, del conte Arnaboldi, del conte di Rorà, del cavalier Claretta e del signor Nigra. Il conte di Rorà possiede quattro bellissimi cavalli della razza veronese dei marchesi Canossa. Poi si presentarono al salto degli ostacoli con i cavalli usati per le caccie della società Milanese, i signori Scheibler, conte Durini e Leonino con sei cavalli.
Il concorso a sella del secondo giorno fu interamente riservato ai cavalli montati dagli ufficiali dell’esercito. Piacquero la Brescia, magnifica baja perfettamente istruita dal tenente Averoldi; Solferino, del tenete marchese Montecuccioli Laderchi; Zulu, del capitano Negri; Rappe, cavallo morello e tarchiato del capitano Libri. Quasi tutti i cavalli nominati si dimostrarono abilissimi saltatori. Furono presentati lo stesso giorno altri sei equipaggi completi dei signori conte di Sant Albano, conte Castellani, cav. Sormani, conte Arnaud di San Salvatore, conte di Sambuy, avvocato Vitale. Il signor Carlo Rossi, negoziante di cavalli presentò oto cavalli inglesi, anglo-
Nei giorni seguenti continuarono gli esercizi dei cavalli da sella e le mostre degli equipaggi completi , dei così detti “attacchi di fantasia” fra i quali originalissimo quello dell’Arnaboldi alla Tirolese; degni d’osservazione quelli con cavalli di alta statura del conte Ceriana, del principe di Masserano e del signor Marsaglia; il cavallo da phaeton, del signor Pasta, i due piccoli cavallini sardi attaccati ad un poney chase della contessina Maria De Gregorio, benissimo guidati dalla graziosissima proprietaria. Fra i concorrenti delle vetture a nolo ebbero il primato la Società Anonima degli Omnibus di Milano, ed i signori Tavella e Borgo di Torino. Per i cavalli da tiro pesante quelli dei Lanza, fabbricanti di candele steariche; i grigi bellissimi dei fratelli Girard, e quelli del rinomatissimo Cirio.
La distribuzione dei premi ebbe luogo domenica 11 e si trovarono raccolti nella stessa pista cavalieri dall’abito rosso, ufficiali di tutti i reggimenti, eleganti e lucidi four in hand e cavalli da tirar carri guidati da carrettieri in blouse turchina : phaetons , victorie, caleches, cabs, tilbury. Nelle tribune gran folla di pubblico, e gran sfoggio di abbigliamenti vistosi quali li vuole la moda. Assistevano alla distribuzione dei premi la Regina con la madre duchessa di Genova, il principe Tommaso, le due principessine Bavaresi sorelle della giovine duchessa Isabella. I concorrenti torinesi e i militari si presentarono personalmente a ricevere il premio; quelli di Milano erano già partiti con i loro cavalli. Alla signorina Maria De Gregorio che guidava i suoi cavallini fu fatta una strepitosa acclamazione. Essa ricevette il premio dalle mani stesse della Regina. Finita la distribuzione dei premi, gli equipaggi ed i carri sfilarono nel recinto dell’Esposizione e poi in piazza d’armi, sempre seguiti da una folla plaudente.
Per la scuola di cavalleria il Comitato ordinatore aveva fatto ricamare un grande stendardo di peluche foderato di raso, con ricchi fiocchi d’oro, nel quale è ricamata la seguente iscrizione:
ALLA SCUOLA DI PINEROLO BENEMERENZA AL CONCORSO IPPICO.
Alla stessa scuola furono conferite dieci medaglie d’oro e dieci d’argento. Il concorso ippico di Torino ha dimostrato che anche in Italia si monta a cavallo arditamente e si conosce ancora bene l’arte dell’equitazione della quale siamo stati maestri. Ha mostrato che se il montar bene è qualità comune agli ufficiali di cavalleria, non è rarissima neppure fra i borghesi.
Ha dimostrato che anche in Italia molti ricchi, se non moltissimi, amano avere bei cavalli ed eleganti equipaggi, coltivando un lusso ch’è dé più proficui per l’industrie e le manifatture nazionali, e che favorisce l'allevamento delle nostre razze. Se l’esempio di Torino sarà imitato con frequenti concorsi ippici nei principali centri, si desterà l’emulazione fra i giovani che ad altri passatempi preferiranno il virile esercizio del cavalcare, non che fra i proprietari di carrozze e cavali da tiro, alcune dei quali rinunceranno alla conservazione di taluni equipaggi dell’epoca della pietra che ancora si vedono sulle strade principali e secondarie delle città d’Italia.