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Sulla maniera di addestrare i cavalli
Milano, novembre 1830
di Carlo Omboni
L’arte di ammaestrare i cavalli è una vera arte, la quale, checchè se ne dica, esige meno teorica che pratica, poiché la sola teoria può insegnare i mezzi di approfittare delle disposizioni della natura e di correggere gli errori. Ma l’arte esige da colui che vuole esercitarla utilmente cognizioni particolari e molte qualità indispensabili. Queste qualità sono principalmente l’inclinazione per i cavalli, poiché non si riesce giammai nelle cose per le quali non si ha inclinazione, molta pazienza, dolcezza, perseveranza, fermezza, forza, intelligenza ed agilità. Al che bisogna aggiungere uno studio profondo della natura e delle abitudini del cavallo, perché senza ciò di frequente si correrebbe rischio di fare tutto al contrario di quello che abbisognerebbe.
La mancanza di docilità nei cavalli proviene d’ordinario da difetti di esterna conformazione, ai quali l’arte deve supplire, allorchè è possibile, o da vizi interni. Questi stessi vizi sono sempre l’effetto della natura, ma ben sovente il risultato della poca intelligenza di coloro che vogliono immischiarsi in un’arte, di cui non conoscono le prime nozioni.
In fine, sovente si esigono dai cavalli cose che sono oltre le loro forze fisiche e superiori alla loro intelligenza; si respingono con ostinazione mal intesa, si disgustano del lavoro; si rovinano irreparabilmente nel fiore dell’età loro, e si rendono indocili ed inimici dell’uomo. Questo è quanto avviene in ispecie ai puledri che si ammaestrano troppo per tempo, e senza avere riguardi e le precauzioni necessarie.
I cavalli destinati alla carrozza devono essere di bella taglia, ben fatti, rilevati nel davanti, trasversati, ed abbastanza tarchiati per non essere sfiancati dal lavoro, di grande pieghevolezza e di perfetta obbedienza: a queste qualità dovranno aggiungere un garretto ed un piede eccellente, perché quello che avesse il menomo difetto nelle estremità, si troverebbe ben presto rovinato, specialmente sopra un cattivo selciato.
Per addestrare i cavalli si fanno trottare alla corda; si da loro in seguito la lezione della spalla in dentro; s’insegna loro ad accavallare le gambe, avendo la groppa al muro onde voltino con facilità, il che non può farsi senza che passino le gambe l’una sull’altra al di sopra dell’altra; in fine nulla dà loro una più bella andatura, più fiera e più nobile, dello insegnare loro a fare la combella tra i pilieri; lezione che ha inoltre il vantaggio di renderli obbedienti al più piccolo movimento della frusta.
Sarebbe inutile di confermare altrettanto in queste diverse lezioni i cavalli da carrozza, quanto quelli che si destinano alla sella, ma i cavalli che si saranno ammaestrati a questo modo, avranno molta maggiore grazia, e saranno meno soggetti ad incollerirsi, di quelli che ci saremo accontentati di attaccare qualche volta al carro prima di metterli alla carrozza.
Qualunque sia per essere il genere ella lezione che si dà ad un cavallo, non bisogna dimenticare che si deve usare con prudenza delle sue forze e della sua pazienza se si vuole ottenere l’intento; fargli ben intendere quanto si esige ch’egli faccia, e lasciargli prendere fiato subito che sembra stanco; riprendere la stessa lezione fino a che la eseguisca francamente, ed ottenere quanto si esige da lui, piuttosto colle attrattive delle carezze e delle ricompense, che per la tema dei castighi.