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L’ultimo capitolo prima di svanire!
Sui brumisti, che fanno ancor più tipico il paesaggio milanese dell’Ottocento e anche dell’avanzato Novecento, ch’entrano e trovan posto in tutti i quadri, esiste un’aneddotica vastissima. Quanti capitoli di grossi libri, articoli, poesie ne parlano, mettendoci come suol dirsi in carrozza! L’Ottocento è il secolo che più ci va a genio, biblioteche, archivi privati di collezionisti sono una miniera d’oro, pure il Museo di Milano in via S. Andrea, dove in gran numero figurano bei cavallini di questo secolo così coccolato. Han forme sempre eleganti, quei colli arcuati, han sempre lucide groppe, e regolari cadenze: ambio tranquillo e tranquillizzante, o galoppo di grazia: i finimenti paion tutti nuovi, luccicanti nelle parti metalliche: anche la carrozze sembran appena accuratamente lucidate, non han la minima traccia di polvere. Si ha l’impressione, guardando questi quadri, che Milano fosse una città di gran lindura e che vi regnasse dovunque primaverile letizia.
Venite a delibarvi lo spettacolo “en plein air” graziosamente offertoci dal pittore Alessandro Durini; di quella pacifica invasione equestre ch’era l’arrivo del famoso corso delle carrozze sui bastioni di Porta Venezia. Gli equipaggi s’arrestavano disposti in lunghe file, i cocchieri infilavano la frusta adorna di pelo di tasso nell’imbuti per le fruste, ed estraevano il parasole, dal manico per lo più a forma di testa di cane, da porgere alla padrona. I passeggeri, tutti membri dell’alta nobiltà milanese, scendevano a render omaggio alle signore rimaste in carrozza. Su questi bastioni a un improvvisa folate di vento autunnale, una vecchia signora in carrozza scoperta esclamò furibonda: “ maledett Bonapart” convinta fosse colpa del Bonaparte che aveva aperto la strada del Sempione, se i venti freddi avessero ora libero accesso in Milano.
In Italia, i fiacres da città cominciarono a circolare a Milano il 19 settembre 1801, istituiti dal Vicerè Eugenio Beauharnais. Stazionavano in piazza San Babila, piazza S. Sepolcro, piazza Fontana, largo del Bottonuto, largo San Dalmazio. La parola Fiacre entrò in uso comune in Milano, grazie ad un romanzo di Saverio di Montèpin, pubblicato sul “Secolo” nel 1881, “IL FIACRE N°13”. Con il termine "brumm" s’indica ogni vettura di piazza, anche quella aperta col suo bravo mantice “boffètt” da alzare quando il passeggero deve a buon diritto ripararsi dalla pioggia. A Milano si prese a chiamare brum anche ogni vettura di piazza, e il guidatore lo si chiamò Brumista. Continuando a fare confusione; come quei milanesi che chiamavano “fiacca” , se andava troppo adagio, ogni specie di vettura, anche quella col boffètt, senza pensare che “fiacca” era un vocabolo da applicarsi esclusivamente al fiacre.
Gli ultimi cavalli che abbiam visto per le strade di Milano tutt’al più cadevano, perché, come dice il proverbio: “Anca el pù bon cavall di volt el scappuscia” sarebbe incespica, scivola. Riguardo ai monumenti, orribil segno dei tempi nuovi, non fu erettosul frontone del palazzo quello che potrebbe definirsi un monumento all’automobile. Continuava l’opera sorda e assordante, di scalzamento delle carrozze da parte dei maledetti taxi, delle automobili marca Ceirano, Ansaldo, Fiat 504. Si giunse a coprire il naviglio interno, a raddoppiare le strade che lambiva, affinchè potessero percorrerle di prepotenza le sempre più numerose automobili!
Vi fosse ancora, per le strade di Milano, qualche bella carrozza col “boffètt”! serberemmo per il cavallo vezzeggiativi speciali come ad esempio “bolin” nonché zollette di zucchero della macchinetta automatica per l’erogazione del caffè! L’ultima carrozza l’abbiamo incontrata l’altro giorno in piazza del Duomo, all’altezza dell’ingresso della Galleria, sbattendo dubbiosi gli occhi come l’esplorazione di un miraggio. Era proprio una carrozza di piazza, solo che recava, appesi sui fianchi, un cartello con la scritta: “Venite, vi porto per un drink al London bar!!” per nostalgia vi siam saliti; volevamo dire al brumista che ci portasse altrove, e che desse pure la sberla al “ragiunatt” se funzionava. Il viaggio invece essendo gratuito, per correttezza ci siam lasciati condurre a bere un drink che ci aveva fatto girar la testa. E dopo quella breve passeggiata, ripensando a Milano senza ormai nessuna carrozza ci venne da paragonare al carro dei monatti del Manzoni, sul quale l’un bisdosso dell’altro vari cadaveri, coi capi e colle gambe penzoloni, toccati con dolorosa verità, avviarsi al lazzaretto, trainato da due cavalli che ci sembran troppo briosi; “Giudizio di Dio” disse Padre Cristoforo, gridando all’untore!
Più del “Giudizio di Dio” ci sembra la mano dell’uomo, che scarso di cultura e d’intelletto, vuol ergersi a difesa di presunti destrieri, a lor dire “oppressi”, da meschini vetturini, (monatti) dal trasformare per legge un vetturino in maltrattatore e sfruttatore, per eliminare gli “untori” dalle nostre città! Ma codesta "peste" del XXI secolo che affligge il politico zelante avrebbe un epilogo se con questi vetturini, qualcuno ci parlasse! Se ne studiasse un poco la storia, se si vuol fare di tutta l'erba un fascio da bruciare sul rogo della civiltà del progresso, eliminando per sempre un animale che da sempre è stato compagno di condottieri, principi, imperatori e dittatori, e sarà l'ultimo compagno di questa burocrazia da dittatura che intende farlo svanire.
Annedoti tratti da: "MILANO IN CARROZZA" di Alberto Bestetti
un testo veramente interessante per chi volesse conoscere
un mondo all'ombra della Madonnina del Duomo,
ormai scomparso.