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25/03/2024
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Ce n’è per tutti

Se ne parla

Per dovere di cronaca pubblichiamo la risposta di IVO BALDISSERI all'articolo pubblicato sul sito: Carrozze & cavalli

Ce n’è per tutti.                                               


Ovvero, come rovinare un bell’evento: la nascita del The Reins Club

Le carrozze per come esse sono state intese dai costruttori dell’epoca, non ci sono più. Quel servizio non lo fanno più. Non c’è più l’ambiente per cui quelle carrozze sono state pensate, né tanto meno i cavalli allo scopo allevati. Per non parlare di conducenti e groom. I pezzi pregiati sono conservati ad umidità controllata. I pezzi significativi stanno in piedi grazie a cure più o meno evidenti di restyling. Escono dalle rimesse a bordo di grossi van per entrare in rasatissimi campi di gara. Mica si azzardano su sanpietrini, pavé, acciottolati e simili.
Oggi, dico ventunesimo secolo, c’è lo sport degli attacchi sportivi (la ripetizione ci sta) e l’adozione delle discipline di questo sport.

Rassegniamoci.

Quel tempo è passato. Oggi, chi - fortunato lui -  possiede l’esemplare originale, è consapevole di custodire un pezzo di storia, un simbolo, un reperto di cultura d’altri tempi.
Imbastire chiacchere sull’autenticità di tradizioni tramandate, apre la porta ai barbari, distinti tra puristi, neopuristi e anglopuristi.

Elvezia Ferrari, su “Carrozze e Cavalli”, nella presentazione della nuova associazione “The Reins Club” – devo intendere all’insegna dell’anglopurismo – credo sia stata indotta non so con quanto suo entusiasmo a riportare tale e quale il Martignoni pensiero. Pare di riconoscere più lo spirito provinciale di Gallarate che di  Euston Hall o Picton Castle.

Il titolo “The Reins Club” all’insegna del “ben attaccare” dice bene. Ed anche qui, la ripetizione ci sta. Perché “bene” nella scala di comparazione stimola al miglioramento includendo tutta la gamma di possibilità. Ed è la condizione con cui tutti noi, mettendoci del nostro, ci confrontiamo. Consapevoli degli umani limiti e, non ultimo, che i mezzi sono, nei manuali di economia, per definizione, sempre scarsi.

Peraltro Elvezia Ferrari nel suo valido e misurato articolo “Tradizione sì, ma quale?”
ci aveva piacevolmente intrattenuti su un’estesa panoramica degli odierni approcci alla “tradizione”.  Tanto bastava.

Sorprende che Martignoni abbia voluto, assai a sproposito, mal parafrasare un bel testo equilibrato aggiungendo di suo toni e termini non appropriati, di sapore insolente verso i suoi stessi sodali. Ce n’è per tutti.

A quale pro?

Mi faccio la domanda e torna alla mente lo scontato aforisma “chi sa fare, fa e chi non sa fare, insegna” (Arhtur Bloch). E’ un adagio che noi, di sera studiosi e di giorno presenti sul campo di allenamento o sul terreno di gara, prendiamo a misura dei nostri sforzi. Noi, che apriamo i libri (dico libri, non scartafacci) teniamo come metodo il dubbio e lo spirito di prudenza, anche nell’esprimere documentate opinioni e trattenere riservati giudizi. Generalizzare ignoranza e dabbenaggine è un pregiudizio gratuito. Il manifesto promosso dal The Reins Club si consuma in una denuncia di supposte vittime fiacche e impreparate, o peggio, ignoranti e incapaci. Il tutto incoronato da ingenue contradizioni, senza mezzi toni.

Dice che pratica e grammatica sono salvi e puri solo in Inghilterra e Olanda, seppure con le loro specificità. Quindi c’è dello spurio (falso) in quegli esempi.

Dice che i nostri vecchi si sono portati nella tomba i loro saperi.

Bella novità! E così pure i Sumeri, gli Egizi, I Greci, I Romani. Ma ci hanno lasciato tavolette d’argilla, rotoli di papiro, epigrafi latine e le loro specificità.  La freccia del tempo è irreversibile.
Dice che gli ultimi decenni sono tutti da buttare. Se venisse a mancare quel passaggio oggi ci sarebbe un buco generazionale da riempire con il nulla. Tutto dimenticato, perduto.

Una coltre di oblio.




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