Menu principale:
L' uomo delle carrozze
di IRENE MINETTO
Intervista a Paolo Zago
Siamo in provincia di Vicenza, una campagna esuberante ricca d'acqua e di verde circonda l'antica villa veneta Pigaffetta Camerini a Monsanto, dalle eleganti linee rinascimentali, chiare e rigorose. Dietro, a lato del riservato cortile interno, sotto le antiche travi della barchessa, incontro Paolo Zago intento con un attenzione quasi chirurgica a restaurare un'antica carrozza del settecento, imponente ed elegante nelle sue forme bianche ancora da verniciare in nero lucido. Paolo, protetto da un grembiule blu, parla con calma, quasi distaccato, le parole escono con difficoltà, è quasi sorpreso dal mio interesse, è chiaro che si trova più a suo agio a maneggiare scalpelli, pennelli, carta vetrata. A casa mia, dal settecento iniziato abbiamo sempre costruito carrozze è una passione che dura da generazioni. Da ragazzo mio padre mi aveva mandato a lavorare in carrozzeria perché non era più possibile continuare, ma dopo, sono tornato a fare questo, il restauro più precisamente, perché costruire nuove carrozze è ormai impossibile.. Ha disubbidito al padre?
Non subito, ho resistito diciotto anni! Poi sono tornato a questo lavoro, e sono riuscito anche a costruire vetture nuove! Mi sono messo in casa con il papà e siamo andati avanti parecchi anni insieme. Questo mestiere mi è sempre piaciuto, perché fin da bambino la forgia, il banco da falegname erano i miei giochi, quindi raschiare, sbullonare era un piacere, e queste cose mi sono entrate, fanno parte del mio essere, ti entrano, le memorizzi e non le dimentichi più. A casa c'era il nonno che era specializzato nel legno, uno zio, il più giovane, faceva il fabbro, l’altro più vecchio era il tappezziere, il papà, invece era più eclettico, faceva il fabbro, il legno, la verniciatura, la filettatura, le finiture praticamente. In momenti più importanti come in occasione delle fiere di Padova e Verona, nelle quali avevamo molte carrozze da finire, avevamo aiuti da altre persone.
Gli strumenti che usa, sono ancora quelli della sua famiglia? Sì, sì, anche se a dire la verità, c'è stato un periodo che si era fermato tutto, e molte cose sono andate perdute! Questo lavoro, ho scoperto con gli anni, è stato un modo per esternare il mio mondo interiore, perché non è assolutamente redditizio, ho sempre fatto una grande fatica dal punto di vista economico; Perché questo? Forse per la complessità, la varietà delle cose da fare? È un lavoro dove viene tutto fatto a mano, come nel seicento, nel settecento, non si può fare in modo diverso. Io adesso sono in pensione, ma continuo per gli amici a fare questo lavoro per hobby, si può dire, con un mio amico che mi aiuta facciamo quello che si può. Non ha mai avuto apprendisti, ragazzi che desiderano fare questo lavoro? C'era un ragazzo che aveva molta passione, aveva iniziato venire il sabato, era molto bravo, si è iscritto agli artigiani e per tre anni abbiamo lavorato, gli ho insegnato soprattutto la rifinitura: a stuccare, le tirature, perfezionare a pennello.
Poi, ha trovato una ragazza, si è sposato ed è andato a lavorare in un grande supermercato a fare il magazziniere. Questo mestiere non è redditizio: questo ragazzo per esempio era bravo, lo stipendio se lo guadagnava fino alla fase finale, perché i tempi per la rifinitura sono talmente lunghi che consumano tutto il guadagno accumulato nelle fasi di costruzione. Poi, ci vogliono conoscenze, non è semplice da imparare e da eseguire, non è da tutti: c'è da sapere di tappezzeria, di ferro, di legno, di lacche. Paradossalmente un lavoro ai massimi livelli ma, da quello che racconta, per niente valutato? Sì, è così, non è economico come lavoro. Oggi si costruiscono carrozze nuove da maratona, ma sono fatte tutte in ferro, una struttura completamente diversa, perché non si può più lavorare con il legno, con i particolari in ferro battuto, con le sospensioni in cuoio come tre secoli fa. La carrozza più bella, quella che le è rimasta dentro? Sono tutte belle per me, è il mestiere che è bello!
Certo che le strutture meccaniche, ingegneristiche, leggere, costruite con forme armoniose, mi appassionano. Questa armonia è una cosa che sento dentro. Credo che sia questo che mi fa fare questo lavoro. Un bisogno? Sì un bisogno interiore mi porta a fare questo lavoro. Tante volte, non riesco a rientrare dalle spese, ma non posso fare diversamente. Quando lavora in questo modo sente la presenza dei suoi antenati, le generazioni della sua famiglia di carrozzieri? Sì, si sente questa presenza, mi aiutano, tu ti chiedi, come mai, perché ho fatto così, e ti ricordi le parole del papà, i movimenti del nonno, e capisci che in fondo continui un opera iniziata tanto tempo fa, e che ancora hai tanto da fare, da imparare. Cosa fare perché non vada perduto questo lavoro che viene da lontano? Se avessi la possibilità finanziaria aprirei una scuola, ma è impossibile! All’estero c'è più attenzione, ho conosciuto molti artigiani che vivono di questo mestiere.
Perché allora non scrive un libro con tutte le sue conoscenze? Ci sono dei libri all’estero, in italiano c'è un museo delle carrozze e il restauratore ha scritto delle cose, ma non è molto approfondito, per esempio, sul restauro delle ruote in italiano non c'è niente ed è una cosa molto difficile da fare perché ci sono le inclinazioni da rispettare, i vari tipi di legno, le forme. Paolo Zago, nel suo laboratorio mentre spiega la complessità di una ruota settecentesca. Ci salutiamo dopo aver visitato la collezione delle carrozze della villa, macchine antiche, che odorano di legno, lacche, cuoio, tempo, conoscenze, lavoro che rimane impresso nelle forme, ormai inutili, ma in fondo testimoni di uomini che giorno dopo giorno hanno trapassato le loro passioni, i loro saperi, come Paolo Zago, persona che viene da lontano.
Non ci rimane che una domanda da porre ai Giudici di Tradizione,
esperti ed intenditori di carrozze d'epoca:
le creazioni di Paolo Zago come le classifichiamo?
Nei concorsi di Tradizione in quale categoria le collochiamo?
Epoca o repliche di carrozze d'epoca?